Ultimo aggiornamento: Mercoledì, 27 Dicembre 2023 Ore 00:26:14 Aggiorna

Il digitale supporta i consulenti, ma non li sostituisce

Private banker e consulenti al centro della fiducia del cliente, le piattaforme digitali sono solo un aiuto


La digitalizzazione aumenta l’importanza del consulente nel rapporto con una clientela pronta ad affidarsi ai professionisti, ma non lo sostituisce. Lo evidenzia l’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano che ha rilevato la tendenza nel censire, a livello mondiale, 147 piattaforme di robo advisor, sia di startup sia degli operatori di asset e wealth management. 

Nell’ultimo anno emerge la forza delle competenze umane e del rapporto fiduciario tra investitore e consulente. L’automazione svolge un ruolo secondario, in grado di semplificare le operazioni di back office. Le motivazioni sono da individuare, secondo gli esperti dell’Osservatorio, nei limiti dimostrati dai robo advisor nei periodi di maggior oscillazione dei mercati, con le difficoltà riscontrate nel riconoscere situazioni anomale.

È per questo motivo che diventa indispensabile il fattore umano, capace di individuare i cambiamenti in atto nel mondo degli investimenti, raccogliere info dettagliate e fornire una visione di mercato completa ed esaustiva.

Robo advisor e robo for advisor

Anche uno studio del CeTIF - Centro di Ricerca su Tecnologie, Innovazione e Servizi Finanziari dell’Università Cattolica, evidenzia il fallimento del robo advisor, a favore di un più flessibile modello di “robo for advisor”. In quest’ultimo caso gli strumenti digitali sono d’aiuto allo specialista, ma non lo sostituiscono in toto. Il consulente resta una persona fisica di riferimento, con determinate competenze, al servizio del cliente.

L’indagine dell’Associazione Italiana Private Banking (Aipb) indica che la clientela più sofisticata per fronteggiare le necessità derivanti dalla gestione di grandi patrimoni si rivolge a differenti professionisti con specifiche competenze, ma il private banker resta il primo punto di riferimento (nel 74% dei casi per nuovi investimenti, nel 70% per la mappatura e l’analisi del proprio patrimonio, nel 64% per avere supporto in termini di gestione fiduciaria della propria ricchezza). 

L’interazione umana resta prioritaria per le operazioni complicate (l’86% degli investitori si rivolge al private banker per sottoscrivere investimenti, l’85% per una consulenza in merito) ma l’home banking e le app sono rilevanti per le operazioni ordinarie e il monitoraggio

Lo scorso anno, anche l’Aipb registrava un calo nella propensione dei clienti private ad affidarsi alla gestione automatizzata del patrimonio, a fronte di eccessivi costi di consulenza. Le nuove generazione mostrano però una buona propensione al ricorso a piattaforme digitali e un maggiore ottimismo sul loro futuro (56,8%) e sulla loro affidabilità (37,1%). In ogni caso resta molto bassa la percentuale delle persone che rinunciano ad un private banker, a favore di una sola interazione digitale.

Il futuro delle piattaforme digitali

Le piattaforme digitali sono comunque destinate ad evolversi in futuro; nei prossimi anni saranno ad esempio integrati strumenti cognitivi, frutto dei progressi dell’intelligenza artificiale.

Questi strumenti digitali saranno intesi come aiuto al consulente fisico, riuscendo ad elaborare una grande quantità di dati complessi possono indirizzare le scelte del private banker.

Infine, bisogna sottolineare come il digitale abbia dato un contributo fondamentale nel semplificare e migliorare la relazione tra banche, consulenti e clienti finali, perché ha ottimizzato i tempi di lavoro dei consulenti e allo stesso tempo ha aumentato la qualità dell’esperienza dei clienti, rendendola più fluida ed immediata.