Ultimo aggiornamento: Mercoledì, 27 Dicembre 2023 Ore 00:26:14 Aggiorna

Comunicare la sostenibilità e l’economia circolare: intervista ad Alessandro Paciello

Investorado ha incontrato il presidente di Aida Partners: come si comunica la sostenibilità?


Investorado ha intervistato Alessandro Paciello, presidente e fondatore di Aida Partners, esperto in comunicazione e docente di comunicazione d’impresa, che ci ha parlato della sua azienda e di come comunicare la sostenibilità.

Iniziamo dalla sua carriera. Mi racconta in breve di cosa si occupa e cosa l’ha portato a fondare Aida Partners?

Ho iniziato il mio lavoro di comunicatore 31 anni fa. Sono esperto in strategie di comunicazione politiche e istituzionali e specializzato nei temi dell’economia circolare e dell’etica di impresa. Ad occuparmi di comunicazione ambientale ho iniziato nel 1988. Mi ero reso conto che il mondo aziendale aveva bisogno di indirizzare le proprie attenzioni verso l’ambiente, altrimenti si sarebbe arrivati a un punto di non ritorno. Parliamo di un periodo in cui in Italia non c’era nemmeno la raccolta differenziata e i consorzi erano in via di costituzione, mentre io già me ne occupavo, anche se solo in senso teorico.
Ho iniziato a sollecitare le aziende ma ero poco ascoltato, sia perché ero giovane, sia perché questi temi erano lontani dalla sensibilità comune. In seguito ho iniziato a lavorare con le associazioni ambientaliste come Legambiente e pian piano il mondo si è evoluto e sensibilizzato nei confronti di queste tematiche.

Nel 1995 ho fondato Aida Partners e oggi il posizionamento della mia agenzia è prevalentemente legato alla sostenibilità. Per la precisione si parla sempre più di economia circolare, che è il nuovo modo di intendere questi concetti. Anche l’attenzione del mondo politico e istituzionale è diventata molto forte per questi temi e l’esperienza nel nostro settore è premiata, cosa che prima non avveniva.

Parlando di sostenibilità. Perché è importante comunicarla in modo adeguato?

La sostenibilità per anni è stata vista come un costo, una spesa che si doveva affrontare per poter essere immune da attacchi su questo tema. Il meccanismo si era creato per via dell’errore da parte di associazioni ambientaliste e di agenzie che hanno fatto passare la sostenibilità come una spesa a perdere, un qualcosa da fare per forza.

Oggi non è più così e la sostenibilità è diventata una vera e propria attività economica: non è più un costo ma un investimento.
In questi anni, ma soprattutto negli ultimi mesi, l’economia circolare ci dice che investire in sostenibilità è un’azione necessaria per il futuro. Gli investimenti che un’impresa fa prima o poi ritornano in termini monetari (oggi ad esempio tramite i consorzi e la raccolta differenziata è possibile vendere la spazzatura), oppure in termini di valori, talenti, know how o condivisione delle attività che si svolgono sul territorio.

Le faccio l’esempio dell’albero che con i rami e i frutti semina il terreno attorno a sé: senza questo ciclo l’albero prima o poi morirebbe. Dobbiamo considerare le attività produttive come un albero, che coltivino e stimolino il territorio in cui si trovano tramite tutto ciò che crea valore, in modo che poi ne possano trarre beneficio. In passato abbiamo avuto esempi come Olivetti, che hanno svolto questo processo alla perfezione. Alcune realtà, anche multinazionali, hanno basato la loro fortuna su un presidio molto forte del territorio: l’Italia è ricca di aziende di questo tipo.

Mi può dire un suggerimento che si sente di dare alle aziende per comunicare la sostenibilità in modo corretto?

È necessario rivolgersi a consulenti qualificati che sappiano comunicare la sostenibilità, o meglio ancora l’economia circolare. Non è banale. Io me ne occupo da 30 anni, anche se non sono l’unico; altri player non hanno le corde, i linguaggi e il network necessario.

La comunicazione non è efficace nel caso i consulenti agiscano da soli. Bisogna creare una rete vasta e differenziata e dei racconti che ci chiariscano una cosa: l’ambiente deve diventare una risorsa preziosa, anche economica. Se questo non accadrà lo perderemo. L’uomo purtroppo tende a conservare e a far crescere solo ciò che gli fa comodo. L’ambiente deve passare come qualcosa che genera valore, solo in questo modo la gente lo rispetterà e lo preserverà. L’ambiente è la quintessenza dell’economia circolare e oggi ciò che “circola” è sostenibile.

Mi sa dire un errore che invece le aziende non devono commettere nel comunicare la sostenibilità?

Le realtà produttive non devono banalizzarla a un semplice maquillage, altrimenti c’è il rischio che l’azienda venga percepita come sostenibile e green soltanto perchè oggi va di moda farlo. Non è greenwashing, ma proprio un’ingenuità in termini di comunicazione. Io azienda posso anche essere effettivamente sostenibile ma lo comunico male e in modo poco efficiente.
Deve passare il messaggio che senza l’economia circolare i nostri figli e i nostri nipoti non avranno futuro e il nostro pianeta non avrà speranza.

Consapevolezza: credo che questa sia la parola più indicata da utilizzare. Solo chi aiuta le aziende ad acquisire la consapevolezza necessaria può poi effettivamente comunicarla all’esterno ed è da ritenere un valido consulente.
Molti consulenti che si occupano di comunicazione ancora non hanno acquisito questa consapevolezza che invece è fondamentale.

Come pensa che cambierà la comunicazione della sostenibilità nel futuro?

Si arriverà ad un momento in cui non sarà più necessario comunicare la sostenibilità, ma sarà un dato di fatto. Tra poco passerà il messaggio che non si potrà più non essere sostenibili.
Io credo addirittura che il termine sostenibilità non si userà più. Come fai a stare sul mercato di un Paese civile se non sei sostenibile? Non puoi. Tra un paio d’anni si parlerà sempre di più di economia circolare, anche nella comunicazione di massa, mentre prima era un termine utilizzato solo dagli esperti del settore.

In futuro non si avrà più la necessità di avere questa grande capacità di racconto della sostenibilità. Ci sarà il passaggio da un’economia a due vie nella quale c’è chi produce, chi consuma e ci sono gli scarti, a un’economia circolare in cui gli scarti si recuperano e si creano manufatti e ulteriore economia. Questo vale per i materiali, ma anche per le conoscenze e il know how.

Arriveremo ad un punto in cui l’economia sarà come in natura, dove non c’è niente che nasce e niente che muore e non ci sarà nemmeno bisogno di comunicarlo. È difficile dire tra quanto tempo ma sono convinto che il processo che ho appena descritto si verificherà nel giro di pochi anni. Oggi basta una foto di un cetaceo morto a causa della plastica ingerita per aizzare l’opinione pubblica e farla ribellare alla “vecchia” economia.
La comunicazione digitale ha accelerato e continua ad accelerare questo processo: è solo questione di tempo.


La direzione, anche in ambito finanziario, è quindi segnata: presente e futuro non possono prescindere dall’economia circolare e dalla sostenibilità. Un'economia virtuosa genera benessere sia per noi, che per il nostro pianeta.

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